“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” è una frase pronunciata da uno dei protagonisti del Gattopardo, il famoso romanzo di G. Tomasi di Lampedusa ambientato nella Sicilia dei nobili latifondisti, durante il processo di unificazione nazionale. Questo concetto è una buona chiave di lettura della proposta sulla trasmissione telematica dei corrispettivi, presentata dall’Italia alla Comunità Europea. In assenza di interventi comunitari, per silenzio/assenso diventerà Decreto attuativo entro Ottobre 2016.

Il testo della proposta è reperibile a questo link

Leggendo le oltre 100 pagine, si evince che il nuovo Registratore Telematico è una trasformazione del tradizionale Misuratore Fiscale, con immutata enfasi su firmware, sigilli fisici, procedura di omologazione e successiva approvazione ministeriale, nonché di messa in funzione e verifica periodica da parte degli attuali laboratori abilitati dall’Agenzia delle Entrate (AE).

 

A chi giova?

Si tratta indubbiamente di una vittoria piena degli attuali fabbricanti e del vasto indotto dei laboratori abilitati, ma è un passo avanti per Consumatori, Commercianti e per il Paese? A mio modesto parere, NO!

Il regime di Trasmissione Telematica è un’opzione a cui il Commerciante può aderire o meno, con grande vantaggio per l’AE che rende più semplici ed efficaci i suoi giusti controlli, per altro in linea con quanto hanno fatto da anni nazioni più piccole, come ad esempio Albania e Croazia.

Il Commerciante, per ottenere in cambio delle agevolazioni e semplificazioni fiscali, dovrà però adattare a sue spese, ma quasi sempre sostituire, il vecchio Registratore Fiscale, rinforzando le rendite di posizione degli attuali produttori. Ragionando su innovazione e concorrenza, si devono considerare doverosamente le ricadute sull’occupazione, ma ignorare le evoluzioni tecnologiche porta gradualmente a rimanere indietro rispetto al resto del mondo, con risultati ancora peggiori per l’occupazione stessa. Erigere protezioni contro le trasformazioni tecnologiche provoca solo un ritardo e un aggravamento dei danni quando, prima o poi, ma inevitabilmente, la diga crollerà.

 

Un’occasione mancata

La proposta di Decreto è tecnicamente allo stato dell’arte quando, ad esempio, definisce come base di funzionamento un set di API (Application Programming Interface), ma lo applica ad una architettura Client/Server, evitando il concetto di piattaforma dove, fatte salve le norme sulla privacy, si possa creare un ecosistema a valore aggiunto senza eccessive barriere di ingresso, come indica il movimento degli Open Data nella pubblica amministrazione.

L’industria italiana dei Registratori Fiscali, che nel lontano 1983 ha aperto la strada nel mondo, ha perso un’occasione per guidare l’evoluzione del settore.

Un caso emblematico di innovazione in questo campo è la piccola Austria, che si appresta a rendere obbligatoria dal 2017 una interessante normativa che introduce un concetto mutuato dalla Blockchain, la tecnologia che sta alla base dei BitCoin ma con una portata ben più ampia e rivoluzionaria (vedi “The Blockchain Revolution” di Don e Alex Tapscott). La Blockchain è una sorta di Libro Mastro delle transazioni mondiali, inalterabile e con livelli selettivi e configurabili di privacy. Aderendo pienamente alla filosofia e pratica di Internet, è infatti un sistema distribuito che nessun privato e nessun governo può controllare, modificare o piegare ai propri fini. Le transazione sono così sicure e i costi così bassi da permettere potenzialmente nuove forme di economia, anche nei paesi emergenti. Il Canada è la prima grande nazione a farne riferimenti espliciti nei propri programmi di Governo.

In estrema sintesi, i dati vengono firmati digitalmente (o “sigillati”), ma dopo aver inserito tra i nuovi dati anche la firma del bocco precedente. I blocchi non sono gestiti e custoditi da un’unica entità centrale, ma distribuiti in molteplici server. In questo modo diventa praticamente impossibile modificare un blocco di una settimana o di un mese prima, perché dovrebbero essere modificati tutti i blocchi successivi, non più nelle disponibilità di chi li ha scritti a suo tempo.

La normativa Austriaca, che rappresenta un banco di prova per quanto probabilmente verrà applicato nel ben più vasto mercato Tedesco, si è fermata a metà strada in quanto NON prevede la trasmissione telematica dei dati. Oltre a rendere più complesse e meno efficaci i controlli da parte delle autorità fiscali, con maggiori oneri per tutti, solo la trasmissione telematica e la memorizzazione in un archivio pubblico esterno al Punto di Vendita rende davvero inalterabile la catena di “sigilli”.

 

Cosa avremmo potuto fare?

La normativa italiana avrebbe potuto essere un vero passo avanti e un esempio mondiale, ma invece che giocare in attacco si è preferito il “catenaccio”.

Vediamo meglio i vantaggi di una soluzione più coraggiosa, adottando, anche parzialmente, la filosofia Blockchain e qualche nuovo modello di business basato sulle piattaforme digitali.

  • Utilizzo di apparecchiature standard (PC, Tablet, SmartPhone) senza dispositivi aggiuntivi soggetti a omologazione e approvazione ministeriale, con minori costi sui commercianti e quindi sui consumatori.

  • Maggiore apertura alla concorrenza e a soluzioni innovative con possibilità per nuove aziende e per il sistema paese.

  • Trasformazione graduale dei laboratori autorizzati in facilitatori di servizi innovativi, salvando l’occupazione a beneficio della qualità ed efficacia delle attività commerciali.

  • Maggiore livello di sicurezza e inalterabilità dei dati.

  • I dati potrebbero essere addirittura pubblici con vantaggi davvero enormi, ovviamente salvaguardando la privacy. I documenti di vendita ai fini della garanzia o del cambio merce sarebbero accessibili anche fuori dal Punto di Vendita. Ricerche di mercato, azioni promozionali e così via, potrebbero essere micro-remunerate automaticamente e diventerebbero alla portata dei negozi indipendenti e dei “centri commerciali naturali”.

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